MOUN – Portata dalla schiuma e dalle onde
OMBRE

da Moun di Rascal

premio Festebà 2016

Mentre la guerra non smetteva di rimbombare anche il cibo venne a mancare. I genitori di Moun presero allora una difficile decisione: costruirono una piccola scatola di bambù e vi deposero la loro prima creatura e le loro ultime speranze.

Ai genitori di Moun il loro paese, in preda alla follia della guerra, sembra ormai non offrire nessun futuro. Con un atto disperato, decidono di abbandonare al mare l’unica figlia nella speranza che, lontano dalla guerra, avrà una vita migliore, una possibilità di salvezza. Moun attraversa così il vasto oceano dentro una scatola di bambù e, dopo un avventuroso viaggio, arriva “al di là” del mare, dove su una spiaggia un’altra coppia la trova, la porta in salvo e l’adotta. Moun cresce in una famiglia che la ama, circondata da fratelli e sorelle sempre più numerosi. Arriva però il giorno in cui a Moun, ormai bambina, sono rivelate le sue origini; e da quel momento non può non fare i conti con la propria storia,
con le proprie origini. Dopo tanto soffrire finalmente Moun capisce che “anche dall’altro lato dell’oceano l’amavano” e per regolare i conti con il suo passato decide di compiere un simbolico ritorno al paese natale. Affida al mare quello che di quel luogo possiede, la scatola di bambù, ma arricchita di tutto quello che lei ha amato nei suoi anni d’infanzia, un concentrato di ricordi di un “tempo dell’innocenza” dove lei ignorava le sue radici. La scatola di bambù, che i genitori di
Moun stringevano “contro il cuore” all’inizio del suo lungo viaggio, farà così ritorno a casa, dopo che Moun l’avrà anche lei stretta per l’ultima volta “contro il suo cuore”.

Moun è una storia che nonostante tratti temi forti come l’abbandono, l’adozione, la nostalgia e la costruzione di sé, trasmette un senso di grande serenità. La sua forza consiste proprio ne  contrasto tra la gravità dei temi trattati e la grande leggerezza in cui sono enunciati. Questa leggerezza poetica, indubbia qualità di questa storia, è resa sulla scena da immagini d’ombra dai toni pastello, acquerellati, e da ritmi calmi e distesi, che donano un’atmosfera di pace che informa tutta l’azione scenica e anche la recitazione. Il fatto poi che i personaggi abbiano tratti felini e che più che uomini sembrino gatti, favorisce quella “giusta distanza” dello spettatore dalla storia e nello stesso tempo crea un coinvolgimento emotivo senza il quale sarebbe impossibile condividere il percorso esperienziale di
Moun.

In scena è una sola attrice che ci racconta la storia di Moun e il pensiero che attraversa lo spettatore, è che sia lei stessa la protagonista. Questo non è mai esplicitato ma affiora dalla sua profonda partecipazione al racconto. L’attrice evoca la storia di Moun facendo uso di un linguaggio teatrale che
fonde la narrazione e la danza con tutto il repertorio di tecniche d’ombra proprie di Teatro Gioco Vita.

con Deniz Azhar Azari
regia e scene Fabrizio Montecchi
sagome Nicoletta Garioni, Federica Ferrari (dai disegni di Sophie)
musiche Paolo Codognola
coreografie Valerio Longo
costumi Tania Fedeli
disegno luci Anna Adorno
luci e fonica Rossella Corna
in collaborazione con Emilia Romagna Teatro Fondazione

teatro d’ombre, d’attore e danza da 5 a 10 anni

Dicembre 13
16:30

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